Negli ultimi anni l’utilizzo di piattaforme online per la vendita di oggetti e prodotti usati ha avuto un fortissimo incremento tanto che, dopo il più datato eBay, sono nati ed hanno avuto una fortissima espansione i siti come Vinted, Wollapop e Vestiere Collective; qui si possono trovare un elenco di merci davvero strabiliante che spazia dall’abbigliamento cheap ad oggetti da collezione o beni di lusso, complice anche il fatto che acquistare il “vintage di marca” è diventato oramai di moda.
Gli utenti che utilizzano queste piattaforme per creare la loro vetrina hanno sempre saputo che la vendita era sottoposta al pagamento di una percentuale sul prezzo dell’oggetto venduto, tecnicamente giustificata per finanziare le piattaforme stesse ed oltre a questo non soggiacevano a nessun altro obbligo.
Oggi invece lo scenario è cambiato e molti ignorano che esiste una regolamentazione specifica che disciplina questo tipo di commercio e, contrariamente a quanto si possa pensare, non sempre la vendita di beni personali usati è esente da tassazione.
Il 1° Gennaio 2023 è infatti, entrata in vigore una Direttiva Europea in materia fiscale che impone alle piattaforme online di comunicare alle autorità fiscali locali le informazioni riguardanti le vendite e i guadagni degli utenti. È un provvedimento che coinvolge anche l’Italia e che nasce con lo scopo di contrastare l’evasione fiscale.
Proprio in forza di tale direttiva, l’Agenzia delle Entrate il 20 novembre 2023 ha emesso un provvedimento con cui ha chiarito i termini e le modalità di questa comunicazione, che riguarda sia beni che servizi.
In buona sostanza, l’utente che esegue 30 vendite o più in un anno solare o che, senza superare le 30 vendite, ottiene ricavi superiori a 2.000 euro dalle vendite in un anno solare è tenuto a compilare con i propri dati un Modulo presente all’interno dei vari siti (la c.d. DAC7).
Ogni anno, entro il 31 dicembre, le piattaforme devono quindi comunicare i dati raccolti e relativi alle vendite agli enti dell’amministrazione fiscale del Paese di residenza degli utenti.
Per quanto riguarda i cittadini italiani, l’Agenzia delle Entrate utilizzerà questi dati per verificare se le vendite configurano un’attività commerciale regolare oppure semplicemente occasionale in quanto le vendite vanno considerate non abituali.
Questo per il fatto che in presenza di un’attività continuativa, idonea a generare ricavi superiori a 5.000 euro l’anno, il venditore deve aprire una partita Iva e pagare i contributi e le imposte sui ricavi o se già in possesso di partita iva, dichiarare il ricavo e pagare le relative imposte.
Eludere questo obbligo espone a sanzioni in caso di accertamento dell’Agenzia Entrate.
Chi non supera queste soglie invece non dovrà, compilare il modulo né pagare imposte sul reddito derivante dalle vendite effettuate per mezzo di queste piattaforme.
Come detto, quindi, in presenza di specifiche condizioni, alcuni utenti potrebbero essere obbligati ad aprire una partita IVA per continuare a vendere articoli usati e pagare le relative tasse in quanto soggetti ad una serie di obblighi dichiarativi e fiscali.
Se una piattaforma non si adegua con le comunicazioni e non riesce a raccogliere i dati fiscali dei venditori rischia multe pesantissime, come rischia multe pesanti l’utente che ha venduto troppo senza essersi messo in regola con il fisco.
Pertanto, è bene porre attenzione e valutare con precisione la propria attività di vendita!