Non è raro che in presenza di un contratto stipulato in forma scritta possa risultare dubbia l’identificazione del tipo di negozio giuridico che le parti abbiano inteso concludere e ciò è ancor più comune quando sia stato realizzato un documento contrattuale molto generico ovvero nei casi di contratti che possono essere molto simili tra loro come il contratto di compravendita e di appalto.
Infatti, la linea di demarcazione tra appalto e compravendita è molto sottile e non sempre è agevole la distinzione tra le due fattispecie anche laddove le parti abbiano abbinato un preciso nomen iuris al contratto stipulato.
Accade, a volte, che il negozio venga titolato “Compravendita” mentre in realtà si tratta di “Appalto” o viceversa ed è anche per questa ragione che per identificare il tipo di contratto non è sufficiente basarsi sul nomem iuris dato dalle parti, ma occorre analizzare le singole clausole contrattuali, le reciproche obbligazioni assunte, la volontà delle parti e le prestazioni previste soprattutto nei casi di contrasto sulla qualificazione giuridica del negozio ovvero sull’applicazione delle norme codicistiche in caso di inadempimento o in tema di garanzia.
Il quesito è quindi: quando si configura un appalto e quando una compravendita?
Tradizionalmente si ritiene che l’appalto si distingue dalla vendita in quanto il fare ossia l’obbligo assunto da una parte di fare in cambio di un corrispettivo (realizzare l’opera), qualifica e caratterizza l’appalto e lo distingue dalla vendita che invece è caratterizzata da un dare ossia l’obbligo assunto da una parte è di dare in cambio di un corrispettivo (consegnare la cosa all’acquirente).
Tuttavia il contratto di appalto può, come la vendita, prevedere delle obbligazioni di dare (ad esempio consegnare entro un certo termine un’opera finita in un dato luogo) ciò nonostante la prestazione principale resta sempre e comunque il fare ed il negozio un appalto.
Da qui si evidenzia il punto focale ovvero che non è solo l’impegno di una parte di trasferire un bene una volta realizzato al completo pagamento del prezzo o che il negozio sia stato titolato come “compravendita” che può qualificare il contratto stipulato tra le parti nella sua interezza come compravendita.
La vendita infatti è finalizzata al trasferimento del diritto di proprietà di un bene dal venditore all’acquirente con l’obbligo di consegna del bene stesso ed il conseguente pagamento del prezzo; l’appalto invece, è finalizzato alla realizzazione di un’opera o di un servizio verso un corrispettivo in danaro e l’elemento discriminante è proprio la realizzazione dell’opera che l’appaltatore assume con organizzazione dei mezzi necessari e con gestione a proprio rischio.
Pertanto nell’appalto è l’attività che l’appaltatore è tenuto a compiere per la realizzazione dell’opera o del servizio appaltato che diviene l’elemento prelevante rispetto alla consegna del bene ed alla materia, che invece rimane solo il mezzo per la realizzazione dell’opera o del servizio.
Inoltre, vi sono altri tratti distintivi dell’appalto rispetto alla compravendita.
Nell’appalto infatti, al committente è riconosciuto il potere di controllo e di verifica dell’attività cui l’appaltatore è tenuto così come stabilisce l’art. 1662, II comma C.C., poteri che invece non sono riconosciuti in materia di compravendita.
Ed ancora, nell’appalto sono previste le c.d. “varianti in corso d’opera” e cioè la possibilità che l’oggetto del contratto subisca delle modifiche nel corso dello svolgimento del rapporto contrattuale ed anche il pagamento del prezzo tramite s.a.l. ossia i c.d. pagamenti previsti a stato avanzamento lavori.
Alla luce di quanto detto risulta solare che è necessaria una giusta ricostruzione del rapporto contrattuale tra le parti per eseguire non solo una corretta identificazione del negozio concluso che vada oltre al nomen iuris dato al contratto, ma soprattutto per una corretta applicazione delle norme soprattutto in tema di difformità e/o vizi dell’opera ed in tema di garanzia.